Artisti 900

Soffici Ardengo

Soffici nasce a Rignano sull'Arno (Firenze) nel 1879. Nel 1892 si trasferisce a Firenze con la famiglia. A diciannove anni, a causa della morte del padre, inizia a lavorare in un ufficio legale. Per un breve periodo frequenta anche l'Accademia di Firenze fino a quando parte per Parigi nel 1900. Qui conosce Guillaume Apollinaire e grazie a lui incontra Pablo Picasso, Georges Braque, Max Jacob e André Salmon. Nel 1907 si ristabilisce in Italia e l'anno seguente partecipa, insieme a Papini, alla creazione della nuova rivista “La Voce”, diretta da Prezzolini, per la quale disegna la testata e con la quale collabora regolarmente come critico d'arte. Dalle pagine de “La Voce”, nel 1910, critica pesantemente il Futurismo. Nel 1909 pubblica il suo primo lavoro letterario, Ignoto toscano; l'anno seguente esce il libro Arthur Rimbaud e nel 1912 il romanzo autobiografico Lemmonio Boreo. Nel 1913 assieme a Papini si distacca da “La Voce” e fonda la rivista “Lacerba”, che diventerà l'organo di diffusione del Futurismo fiorentino. Egli manitiene comunque sempre le distanze da Marinetti e a poco a poco il suo entusiasmo ed impegno verso il Futurismo si affievoliscono. Nel 1914 pubblica Cubismo e futurismo e l'anno seguente BIF & ZF + 18, un testo ispirato ai Calligrammes di Apollinaire. “Lacerba” appoggia il movimento interventista e Soffici parte volontario. Soffici pubblica in seguito le sue esperienze di guerra nei romanzi autobiografici Kobilek (1918) e La ritirata del Friuli (1919). Dopo la guerra Soffici predica un ritorno a principi e valori solidi e "classici". Collabora a “Valori Plastici”, dove nel 1922 viene pubblicata la prima monografia a lui dedicata, scritta da Carrà. Soffici viene percepito come mentore e guida dagli artisti e dai critici più giovani delle riviste “Il Selvaggio” e “L'Italiano”, a cui collabora e su cui pubblica articoli a sostegno del movimento rurale e nazionalista di Strapaese. Diviene uno dei maggiori teorici dell'arte fascista, pubblicando nel 1928 una collezione dei suoi saggi in Periplo dell'arte - Richiamo all'ordine, nel quale tenta di riconciliare l'avanguardia con i modi e valori del "ritorno all'ordine". I temi della sua opera pittorica si limitano a nature morte, paesaggi e scene paesane, rese in uno stile realista e conservativo. Muore a Forte dei Marmi nel 1964.

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