Artisti 900

Gobbini Gianfranco

Gianfranco Gobbini è nato nel 1953 a Città della Pieve. Segue da autodidatta la strada della pittura elaborando un'astrazione che deriva dalla profonda osservazione della natura. Pittore di paesaggio si concentra ben presto sul valore del colore puro, trascendendo la natura attraverso l'essenza dei suoi contenuti e abbandonando il ricorso alla rappresentazione. La sua pittura elabora un complesso sviluppo di elementi cromatici richiamando la tradizione statunitense del Color-field. Espressionismo astratto d'ascendenza informale, dove la superficie pittorica diventa territorio riservato al colore in tutte le sue dinamiche interne, e nell'autonomia della propria espressività. L'artista si trova dietro esso, celando il talento nella capacità, resa al colore, di trasmettere emozione, emancipandosi dal tormento della forma ed elevandosi a "sacerdote" di purezza emozionale. I rossi, i blu, i gialli e tutte le gamme intermedie concorrono al risultato, il pittore libero il proprio spirito sulla tela formando onde anomale di energia cromatica. Attraverso la sobrapposizione di pigmenti esprime una libertà interpretativa fine a se stessa. Non c'è volontà di mimesi, non c'è il richiamo alla natura, semmai si potrebbe dire che quest'ultima è insita nel colore stesso, ma non esiste retorica: il colore agisce autonomamente grazie al proprio potere evocativo. L'artista non vuole condurci in nessun luogo, ma aprirci ad un'esperienza unica vissuta attraverso le gamme; esperienza che per primo vive quotidianamente nel silenzio del proprio studio. Tutto il lavoro di Gobbini si basa su tali equilibri, percorrendo una strada di espressionismo astratto che condensa la forma in una nuova nascita. Le masse di colore in fusione e sovrapposizione esprimono la forza dei pianeti nelle fasi originarie, cristallizando fluidità materiche in spazi puri, autonomamente reagenti all'incontro. Anche le sabbie ed altri materiali concorrono ad esaltare la dinamica materica di superficie, richiamando istintivamente le esperienze pre-informli dell'idealismo cosmico di Enrico Prampolini, sviluppato in seno al movimento futurista, e ponte di collegamento per le soluzioni spazialiste di Lucio Fontana. Questa ricerca porta l'artista ai risultati attuali, dove il colore, pradossalmente definisce nuovamente una forma ma svincolata dall'attinenza al reale. Liberatosi dai cardini della rappresentazione l'artista da forma al proprio essere cesellando il colore come i maestri rinascimentali scolpivano la pietra. Tutto ciò per dar luogo ad opere dove in scena non c'è più l'esteriorità, ma l'interiorità. Nascono nuove possibilità, luoghi del sentire, dove il vedere è lasciato ad ognuno in noi. Sono nebulose cosmiche in formazione; flussi organici cellulari; pianeti in formazione; il flusso delle acque nelle foci fluviali; la potenza delle maree; è un ribollire di possibilità dove la casualità agisce come stdio predisposto al raggiungimento di un risultato. Alla fine di questo percorso una forma floreale si apre davanti a noi. Irreale, ma dal potere evocativo innegabile. L'artista ha dato vita alla propria pittura, che diventa metafora di conoscenza: un fiore che è allusione di vita sbocciata; che è il centro dell'universo o una finestra aperta su nuovi mondi; o forse il ventre della madre che mette al mondo nuova vita. Il colore di Gobbini ha trovato la strada per tesstimoniare il mistero dell'invisibile, interpertabile solo ascoltando la propria anima; mmistero che l'arte concorre a ricordare, e che appartiene all'uomo in qualità di essere pensante.

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